Inventiva in forma d'arte per un percorso di fede
Una sorta di illuminazione sulla strada
dell'arte.
E ancor prima sulla via della fede. Una conversione che gli
ha cambiato la vita:dagli esaltanti successi nel mondo dello spettacolo
alla ritrovata gioia di una creatività intima e meno eclatante e
pubblica.
Arte e fede hanno rivelato a Claudio
Centin (alias Cinquino) una diversa idea di impegno umano, di vivere la
propria esistenza in una dimensione più terrena, ma con aneliti
incessanti verso un mondo di purezza e di etica è, per Cinquino ancora
una forma possibile di ordinamento, di rivelazione di una nascosta e
invisibile.Si può allora capire essa non si ponga
come termine antitetico alla fede. Anzi. Il linguaggio artistico può
nutrirsi di evangelica fede, in un diagramma di sviluppo segnato dal
coinvolgimento totale dell'autore nella sua ansia di purificazione che
di riscatto.
Un'apertura, quindi, partecipante
dell'artista che recupera materiali inservibili, di scarto, per
esprimere, in un opera di fantasia costruttiva, la sua spiritualità
schiettamente religiosa e cristiana. Un recupero di oggetti, senza
storia, eppure carichi di senso, proprio come avviene nella
quotidianità, dove anche azioni insignificanti possono acquistare un
alto valore umano.E' una nuova esperienza creativa che
s'impone nelle sue opere concrete, oggettuali, eppure familiari,
narrative che sono state esposte nei giorni scorsi al Centro Studi
Muratori. Un'inventiva che non era mai mancata, dagli anni ottanta,
allora giovanissimo Cinquino (ora ha 44 anni) che aveva aperto un
negozio in centro storico, per proporre originali creazioni di moda che
facevano gola soprattutto a famosi cantanti rock e ai loro fans.L'attività gli aveva portato una grande
notorietà, tanto da suscitare l'interesse della stampa anche estera. Una
fama che avrebbe lusingato qualunque giovane e alla quale nessuno
avrebbe, forse, rinunciato. Invece, per Cinquino il cambiamento è
stato possibile, inevitabile, per quella fede in " Colui che, di una
vita spenta, apatica, disperata e destinata all' "inceneritore eterno",
può farne -sostiene il modenese - una nuova, spiritualmente rigenerata,
capace di comunicare la sua gioia agli uomini".
E l'utilizzo che egli fa di oggetti di
rifiuto riscattandoli, con un'operazione di assemblaggio, dalla loro
inutilità, sembra essere in consonanza con il suo nuovo "credo". Gli oggetti (cornici, truciolato,
sfere, chiodi di ferro di cavallo, cannocchiale, specchio retrovisore,
volante d'auto, filo spinato, porta abiti, catene di metallo, coperchi,
corde, ma anche statuette natalizie...) parlano, nel piacere
dell'invenzione del gioco combinatorio, di "croce", e "alleluia",
"preghiera", "mea culpa", "libera nos a malo","destinazione paradiso",
sollevandosi ad accenti di insolita riflessione sull'inesauribile
ricerca ed ascolto di Dio, sull'ansia quasi disperata d'amore che nasce
dalla meraviglia della scoperta della parola del Vangelo, ma anche dalla
pena di cui l'umana esistenza si trama.
Michele Fuoco, GAZZETTA DI MODENA 09/12/04) |